Tag Archivio per: digitalizzazione

Mandi una mail con i tuoi slot disponibili e ti rispondono il giorno dopo quando nello slot hai già fissato un’altra call. Peggio ancora se fissare un meeting con più persone, mettere d’accordo tutti diventa un incubo. E se poi bisogna spostare una call già fissata? Disastro totale.

E allora vediamo insieme se Tidycal può farci gestire meglio i nostri meeting, online, ma anche in presenza.

I problemi più frequenti nella “prenotazione” di un meeting

Prenotare un meeting che sia online o in presenza, spesso si trasforma in un incubo. Perdite di tempo incredibili, telefonate a profusione, per non parlare del momento in cui bisogna riprogrammare l’evento. E poi abbiamo sempre la tendenza a non saper dire di no con l’aggravante di dover coordinare tanti calendari della nostra attività professionale, ma anche della nostra vita privata.

Tradotto in parole povere, il rischio concreto è perdere fatturato per colpa di un lavoro scarsamente organizzato.

La soluzione ideale per chi vuole l’essenziale

Tidycal è una scelta che privilegia praticità, semplicità e immediatezza. Sono convinto che se devo inserire un nuovo tool nella mia quotidianità e questo richiede metà delle mie energie solo per capire come integrarlo e come usarlo… allora ho sbagliato tool.

Tidycal invece fornisce tutti gli strumenti necessari nel 90% dei casi, ma con la semplicità di utilizzo che tutti vorremmo in ogni applicativo che acquistiamo. Ah, sì. DImenticavo. E’ in licenza lifetime a 30 dollari. Insomma, lo paghi una volta e poi zero pensieri.

E allora facciamo insieme una carrellata sulle caratteristiche più importanti di Tidycal.

  • Competitor: ce ne sono tantissime nel mercato, ma questa è la killer app per tutti quelli che cercano semplicità e rapidità. Disporre di tantissime funzioni, spesso è controproducente perché dobbiamo orientarci in mezzo ad una marea di link e pulsanti.
  • Modello “Apple”: usare Tidycal ti dà quell’effetto “tranquillità” di non poter sbagliare qualcosa o di restare imbrigliato in qualche impostazione errata. Quello che c’è ti basta e funziona. Il resto è tutto in più. 
  • Pagamenti: con Tidycal possiamo scegliere se far prenotare un meeting insieme a noi senza nessun costo o se richiedere un pagamento mediante Stripe. Questo significa che un professionista o un consulente potrebbe già lavorare e incassare il suo compenso con un solo tool.
  • Integrazione: ovviamente possiamo integrarlo con i più importanti calendari come Google oppure Office365, scegliendo in quale calendario andranno inserite le prenotazioni e in quali invece controllare le disponibilità di tempo.
  • Diversi tipi di meeting: possiamo creare tanti tipi diversi di riunioni in base all’orario, al costo, alla durata e ad altri parametri. Quindi potremmo avere un link di prenotazione per i clienti, per i fornitori, per i partner e via così.
  • Widget: non poteva mancare un widget da integrare direttamente sul nostro sito web o su una pagina dedicata per una personalizzazione molto più spinta delle informazioni.
  • Notifiche: c’è una gestione semplificata delle notifiche che i partecipanti dovranno ricevere. Per esempio un’email il giorno prima e un’altra un’ora prima del meeting.
  • R-programmazione: se c’è da spostare o annullare un meeting è decisamente più facile grazie ad un link dedicato e una comoda pagina dove scegliere un altro slot.
  • Branding: si può personalizzare con il proprio logo e i colori del brand. Non c’è moltissimo da fare, ma anche in questo caso l’essenzialità premia senza tante diavolerie grafiche.
  • Costo: l’ho già detto, ma lo ripeto. Licenza lifetime, quindi paghi una volta e fine. Su questo punto direi che è imbattibile.
Ascolta “Organizzare e prenotare i meeting senza pensieri con Tidycal” su Spreaker.

Tips&tricks per usare tidycal al meglio

Considerazioni, consigli e piccoli tips per usare Tidycal e vivere felici.

  • Siamo tutti più abituati alle videocall, ma non così abituati. La tendenza a “fare la telefonata che si fa prima” c’è ancora. Uno strumento come questo può rendere l’attività del “meeting” perfino più divertente.
  • Usare un tool di questo tipo è affascinante, ma anche vincolante e nelle nostre giornate a volte siamo convinti di essere più pratici con un messaggino. Dobbiamo insistere, insistere, insistere. Con il nostro interlocutore, ma anche con noi stessi.
  • Creiamo link di prenotazione per ogni evenienza più magari qualcuno maggiormente generico che ci aiuteranno a rispondere alle esigenze più specifiche, ma anche a quelle delle persone meno pratiche.
  • Creiamo un link di prenotazione da mettere nella mail. Tanto se di solito ci mettiamo telefono, whatsapp e chissà cos’altro, un link per i meeting male non farà.
  • Giochiamo con attenzione con gli orari. Potremmo suddividere i clienti per fasce di priorità per riservare orari specifici.
  • Diamo un nome sensato e sufficientemente complesso ai diversi link sia perché siano gradevoli, ma anche perché non siano proprio rintracciabilissimi.
  • Invece di affidarci alla pagina di conferma generica offerta da Tidycal, creiamo una thank you page tutta nostra all’interno del nostro sito web. Può diventare uno strumento di marketing potentissimo.
  • Non smettiamo di sperimentare. Se troviamo un nuovo tool, guardiamo le caratteristiche e se qualcosa è veramente un game changer per il nostro business allora migriamo. Ma occhio a non cadere nell’effetto wow. Non sempre tanto equivale anche a bello…

Siae litiga con Meta e manca poco che solo in Italia non ci sia più musica nei social. Agcom tenta di bacchettare gli sms truffa, ma si dimentica dei call center. Il Garante privacy fa una personale crociata contro ChatGPT. Musk fa visita in Francia per una potenziale Gigafactory, ma non viene in Italia. E’ chiaro che abbiamo un problema culturale, di approccio all’innovazione, alla tecnologia e alla crescita.

Ma è ancora possibile invertire questo processo autodistruttivo?

UN’ITALIA CHE CONSIDERA IL DIGITALE “ROBETTA DI POCO CONTO”

L’approccio al mondo digitale sembra non sia qualcosa a misura di Italia. Incredibilmente riusciamo ad arrivare tardi sulle nuove tecnologie e in molti casi addirittura a subirle con una sorta di autolesionismo.

Intendiamoci, ci sono tantissimi casi virtuosi e di certo una bella parte di italiani ha ben compreso l’importanza dell’innovazione tecnologica rispetto al concetto di crescita della nazione.

Ma c’è una brutta parte di istituzioni che invece propende sempre all’autodistruzione. All’autolesionismo. Credo che il motivo sia una sorta di convinzione di essere intoccabili, onnipotenti, dei “faraoni” da osannare e assecondare a testa bassa.

Faccio qualche esempio di tragi-cronaca a tema innovazione tecnologica che ci ha accompagnati, solo nelle ultime settimane. Credo che se andassimo indietro addirittura di mesi, si aprirebbe il vaso di Pandora e non è questo lo scopo di questa chiacchierata.

CASO META VS SIAE

La cronistoria è semplice. Il giorno prima del rinnovo del contratto per i diritti di utilizzo dei brani musicali, Siae ha ben pensato di aumentare le proprie richieste. L’epilogo, noto a tutti, è stata l’eliminazione della musica dalla più grande piattaforma social del mondo. Ora si sta di nuovo trattando, ma il concetto di base è sempre lo stesso. 

Non si può pensare che le big tech siano dei bancomat. Va benissimo pretendere che paghino quanto dovuto (tasse in primis), ma sono comunque aziende e come tali vanno considerate anche al tavolo della trattativa. Sedersi battendo i pugni sulla scrivania e pretendere perché “tanto io ho il coltello dalla parte del manico” è una grandissima cavolata. Se è vero che questo tipo di aziende hanno bilanci incredibilmente alti, è altrettanto vero che mercati come quello italiano sono ormai a malapena “interessanti”.

Quindi davanti all’arroganza, la risposta potrebbe tranquillamente essere “signori, al vostro gioco non ci stiamo, arrivederci, è stato un piacere”. Con una conseguente figuraccia mondiale e un danno a effetto boomerang senza precedenti.

Ascolta “Un'Italia competitiva nel digitale è veramente possibile?” su Spreaker.

CASO CHATGPT VS GARANTE PRIVACY

Ma sul serio? Ma veramente? Unici nel mondo a bloccare una tecnologia per problemi di privacy? La prima volta in cui ho letto la notizia pensavo fosse uno scherzo. O almeno ci speravo.

I timori per la privacy possono anche essere condivisibili, ma allora facciamoci un ragionamento corale europeo. A cosa serve la solitaria crociata italiana se non a impedire che qui si possa sperimentare un’incredibile innovazione? Con l’effetto di restare indietro e perdere competitività.Tutto questo, tra l’altro, per poi fare un parziale passo indietro. Prima di pensare alla privacy dei smaliziati utenti di ChatGPT direi che sarebbe importante far funzionare, per esempio, il registro delle opposizioni che dovrebbe tutelare anche le persone indifese e più esposte e invece rischia di essere un flop totale e annunciato.

CASO AGCOM VS PHISHING

Detta in parole semplici, visto l’aumento esponenziale di truffe nei servizi energetici, il mittente non potrà usare alias che non siano autorizzati. Insomma, non si potranno usare nomi che riconducano a famose società come ad esempio PosteItaliane per evitare le classiche truffe di phishing.

Tutto condivisibile ovviamente, ma viene da chiedersi perché un provvedimento del genere non sia già attivo e soprattutto perché servirà (secondo le stime) almeno un anno per renderlo operativo.

Tanto più che sicuramente i criminali nel frattempo studieranno tecniche differenti. E di nuovo, non sarebbe il caso di risolvere una volta per tutte il mancato funzionamento del registro delle opposizioni che senza dubbio è molto più impattante nel tutelare gli utenti?

MUSK “VOLA” IN FRANCIA

Quando citiamo i nomi di imprenditori internazionali famosi associati all’Italia, caso strano, lo facciamo perché sono venuti in ferie nel bel paese. Bellissima cosa, per carità. Ma ogni tanto sarebbe utile sapere che l’Italia viene considerata come un importante motore per il lavoro e una fucina per l’innovazione. Nei giorni scorsi Elon Musk ha fatto visita all’Eliseo, sembra, per un progetto in corso che dovrebbe far sorgere una nuova Gigafactory.

Bene per i francesi, male per noi. Stando alle statistiche abbiamo zone della nostra nazione (soprattutto al sud) dove il clima favorisce alla grande la produzione fotovoltaica. Allora perché Musk non ci prende in considerazione?

PRIMO STEP, SMETTERE DI LITIGARE PERCHE’ NON C’E’ NULLA DA DISCUTERE

Se vogliamo tornare competitivi e soprattutto appetibili dobbiamo prima di tutto smettere di strumentalizzare tematiche come quelle legate all’innovazione e alla crescita. Non è nemmeno pensabile che ci possano essere due posizioni fortemente contrapposte davanti ad un’opportunità di sviluppo, peraltro ad alta sostenibilità.

Dobbiamo dimostrare che la nostra nazione è terreno fertile per le trattative imprenditoriali. Piuttosto, affermando all’unisono che chiediamo una forte inclinazione alla sostenibilità e alla tutela del lavoro.

Invece di perdere tanto tempo in ridicole iniziative portate avanti da vetuste istituzioni pachidermiche e sconnesse dalla realtà, è decisamente il caso di ridurne drasticamente i costi per concentrare le risorse dove realmente servono. Il processo di digitalizzazione di un paese non è una velleità fine a sé stessa.

SECONDO STEP, CONCENTRARE ENERGIE E SFORZI

Per prima cosa dobbiamo credere nel digitale e ascoltare di più le nuove generazioni. Ma ancora più importante dobbiamo sedare sul nascere le dispute dei politicanti che usano la comunicazione per indurci al litigio.

La strategia è sempre la stessa: accusare la parte opposta di qualcosa per far leva sulle emozioni di una parte di popolazione. Naturalmente l’altra parte farà la stessa cosa, in un teatrino che a ben vedere sembra combinato a tavolino.

Quando vediamo una discussione “distruttiva” sul digitale, ignoriamola. Non condividiamola. E se la discussione è “dal vivo”, fermiamoci e portiamo il nostro interlocutore a parlare d’altro. A concentrarsi sulla parte maggiormente informativa di una nuova tecnologia.

La vera cura contro la comunicazione malvagia è sempre la stessa da migliaia di anni: la formazione e l’accrescimento culturale.

Dobbiamo studiare, imparare e applicare. Per costruire insieme, un’Italia ai vertici mondiali, anche nel digitale.

Dire addio alle password, all’autenticazione in due fattori e a qualsiasi altro sistema complicato per accedere ai propri account. Non è fantascienza, è realtà e si chiama Passkey.

ELIMINIAMO LE PASSWORD

Ciao a tutti e bentornati. Oggi parliamo di Passkey, ovvero dell’ultimo ritrovato tecnologico che ci permetterà di risolvere l’annoso problema legato all’accesso a qualsiasi servizio che richieda una password.

Tutti, ma proprio tutti, abbiamo sicuramente avuto problemi con le credenziali di accesso. Nel peggiore dei casi siamo stati “bucati” da qualche hacker che è riuscito ad entrare nel nostro home banking o peggio ancora, è riuscito ad usare gli accessi dei nostri clienti che avevamo salvato (magari in un file di Excel).

Ma più banalmente, senza pensare ai casi più disperati, ci siamo dimenticati di qualche password e per recuperarla abbiamo intrapreso un calvario infinito ritardando l’utilizzo dei servizi che ci servivano.

Ultima ipotesi, giusto per completare la panoramica sul problema, siamo costretti a salvare centinaia (se non addirittura migliaia di password) tutte diverse e con sistemi che hanno dato fondo alla nostra inventiva.

Piccolo aneddoto tragicomico: le password più utilizzate nel mondo sono “password” e “123456”.Ma oggi non parleremo di come gestire correttamente le password (cosa che faremo in un’altra puntata). Oggi proveremo a guardare ad un futuro completamente privo di password. Un futuro che a ben vedere, è già un presente grazie alle Passkey.

USARE I DISPOSITIVI DI TUTTI I GIORNI COME PASSWORD

Come detto, il sistema di accesso tramite password è farraginoso. Dobbiamo farle difficili, lunghe, tutte diverse, non possiamo salvarle in chiaro, non possiamo scriverle da nessuna parte, ormai sono tantissime e potrei andare avanti all’infinito elencando altre criticità.

Se poi pensiamo all’autenticazione in due fattori, nemmeno in questo caso stiamo parlando di un metodo privo di problemi (anche se comunque è decisamente più sicuro). Ma soprattutto, è un sistema che indubbiamente ha complicato maggiormente le cose.

E fu così che nacque un’alleanza tra le principali aziende tech, chiamata FIDO con il compito di salvare il mondo dall’agonia dell’utilizzo delle password.

Ecco, momento poetico a parte, se ci pensiamo si tratta di un tema veramente trasversale per tutto il mondo: privati, aziende e qualsiasi nazione o etnia, in questo contesto, non fa differenza.

E’ nata quindi l’idea della Passkey, ovvero l’utilizzo del riconoscimento biometrico per accedere a qualsiasi servizio. Ovviamente senza password.

Ascolta “Emanuele Masiero – il podcast” su Spreaker.

COME FUNZIONA PASSKEY SPIEGATO SEMPLICE

Per farla veramente semplice, le Passkey sono costituite da una coppia di chiavi (una pubblica e una privata) che messe insieme assicurano la conformità dell’accesso. La chiave pubblica viene conservata nel server (naturalmente crittata) mentre quella privata è rappresentata dal nostro dispositivo (per esempio il nostro iPhone) che in qualche modo funge da password anche se in effetti una vera password non esiste.All’inizio può sembrare un concetto complesso, snervante o addirittura poco sicuro. La prima domanda che viene da farsi è: “ma quindi con il mio smartphone potrebbe entrare chiunque?”. La risposta è parzialmente si, ma per dare una risposta corretta vediamo insieme le fasi di utilizzo della Passkey e tutto sarà più chiaro.

LE FASI DI UTILIZZO DI PASSKEY

Primo step dobbiamo creare la Passkey. Per farlo basta semplicemente entrare nel sito web del servizio, inserire la nostra mail (che fa da nome utente) e praticamente abbiamo finito. Eh sì… avete capito bene. Non dobbiamo inventare la password.

Secondo step, quando dobbiamo accedere, inseriamo la nostra mail e gli diciamo di accedere con Passkey. Verrà fatto il rilevamento biometrico (impronta o face id) e il gioco è fatto. Basta. Finito.

L’unica variante la troviamo per accedere ad un servizio da un computer che non è il nostro. In questo caso inseriamo la nostra mail, scegliamo l’accesso con Passkey e ci verrà mostrato un qr-code da scansionare nello smartphone dove abbiamo le nostre Passkey. Sblocchiamo con il rilevamento biometrico e il gioco è fatto.

Quindi dove sta la falla?

Chi può sbloccare il nostro smartphone o altro dispositivo dove sono salvate le Passkey, allora può accedere a servizi e siti web.

Ma va detto che si tratta di un’ipotesi assolutamente remota e mille milioni di volte più improbabile rispetto alle tecniche attuali che invece permettono di rubare una password.

Inoltre va considerata l’estrema comodità di non avere per l’appunto, più nessuna password.

LA COMPATIBILITÀ DI PASSKEY

Il mio non è un video tutorial anche perché se ne trovano tantissimi in internet. Però due parole sulla compatibilità le spendo. Per fortuna, nella famosa alleanza citata in partenza, ci sono tutti i big come Apple, Microsoft e Google. Quindi la compatibilità sui dispositivi è già enorme. Tanto per essere chiari, le Passkey funzionano sia su Android che su Apple. Attualmente sono ancora pochissimi i siti e i servizi che permettono di usarle, ma è prevista una diffusione su larghissima scala in breve tempo.

Giusto per dire, possiamo già accedere al nostro account Google tramite Passkey.

LA MIA ESPERIENZA CON PASSKEY

Come sapete sono un gran sostenitore dei “password manager”, ovvero gli applicativi che permettono di salvare in modo sicuro tutte le password. Ma ho voluto provare subito questa nuova tecnologia. Per fare la mia sperimentazione ho scelto di attivare Passkey sul mio account Google privato dove solitamente uso Gmail e Google Drive.

Devo dire che la semplicità è disarmante. Talmente tanto avermi trasmesso qualche istante di spaesamento. Per qualche minuto mi sono fermato a riflettere sulla sicurezza di questa soluzione. Perché il primo pensiero è “cavolo, se non ho scritto una password difficile, sicuramente starò sbagliando qualcosa”.

Giusto per descrivervi la sensazione, ho provato la stessa angoscia del momento in cui i documenti hanno iniziato a salvarsi da soli. Vi ricordate quando bisognava fare file e poi dare il comando salva altrimenti arrivederci a ore e ore di lavoro? Quando improvvisamente con il cloud abbiamo abbandonato questa necessità, abbiamo tutti passato qualche momento di apnea. Poi però ci siamo abituati. E chi tornerebbe indietro?

Ora che per accedere a Google non devo più ricordarmi una password molto difficile (e nemmeno di cambiarla) devo ammettere che ogni volta la mia esclamazione è “finalmente!”.

USA ANCHE TU PASSKEY E FATTI TROVARE PREPARATO

Il mio consiglio finale? Attivate Passkey in qualche servizio dove è già operativa e iniziate ad utilizzarla. Sono convinto che a breve la sua diffusione sarà massiccia per i suoi innumerevoli benefici sotto il profilo della sicurezza e della praticità d’uso.

Trovarsi magari tra un anno e doverla attivare in blocco su tantissimi servizi potrebbe essere traumatico. Se invece si procede progressivamente diventa certamente più facile.

A questo punto soluzioni come 1Password non serviranno più? A mio modo di vedere serviranno ancora. La sicurezza, soprattutto nell’ambito aziendale, non è uno scherzo e va presa con estrema serietà. Proprio 1Password ha infatti annunciato che da giugno daranno il loro supporto alla Passkey.

Resta da capire però, se cambieranno il nome al loro brand o se resteranno fedeli alla parola “password” che per così tanti anni ci ha fatto compagnia nel bene e nel male.